Un passo avanti nella tecnologia dei robot quadrupedi, perfetto per capannoni e campus aziendali: in cosa consiste il robot cane cinese D5.
Al mattino presto, nel silenzio di un campus industriale, senti solo il fruscio delle foglie e il passo regolare di un cane che cane non è. Il robot quadrupede D5 di Pudu Robotics entra in scena così: discreto, concentrato, già al lavoro prima che la giornata inizi davvero.

C’è una calma particolare nei grandi spazi vuoti. Capannoni, campus aziendali, aree logistiche. Qui il tempo si misura in metri coperti, varchi controllati, percorsi ripetuti cento volte. È il terreno ideale per i robot quadrupedi, che uniscono passo stabile e sensori evoluti. In questo scenario, Pudu — nota per i robot di servizio come PuduBot e BellaBot — sposta l’asticella con il D5, un “cane robot” pensato per compiti che chiedono continuità, precisione e pochi errori.
Perché un quadrupede ora e cosa cambia sul campo
I quadrupedi sono passati dal laboratorio alla fabbrica. Boston Dynamics, con Spot, ha fissato uno standard: circa 90 minuti di operatività per ciclo, suite sensoriale con Lidar, camere stereo e strumenti di ispezione, uso diffuso in ispezioni e sicurezza di siti complessi (fonte: scheda prodotto Spot, bostondynamics.com).
Unitree e DeepRobotics hanno spinto su costo e agilità. L’entrata di Pudu in questa nicchia ha un senso: l’azienda è forte in autonomia indoor, flotta management e affidabilità 24/7, maturate su flotte distribuite in migliaia di siti (fonte: pudu.ai/pudu-robotics). Portare quell’esperienza su un quadrupede era un passaggio quasi naturale.
Ed eccoci al punto centrale. Il D5 nasce per “mappare e navigare aree estese in autonomia totale”: crea la mappa dell’ambiente, pianifica i percorsi, evita ostacoli imprevisti, aggiorna la cartografia al volo e completa missioni senza supervisione continua.

L’approccio tipico prevede fusione di sensori (IMU, visione, eventualmente Lidar 3D) e algoritmi di SLAM robusti, con ritorno automatico alla base per la ricarica e la sincronizzazione dei dati. Pudu, da parte sua, enfatizza l’operatività “hands-off” su percorsi lunghi e su siti complessi come hub logistici, campus energetici e grandi parcheggi.
Un deposito da 30.000 m² richiede cicli di ispezione ripetuti, di notte e con scarsa illuminazione. Un cane robot che aggiorna la mappa ad ogni turno riduce i falsi allarmi e individua anomalie (porte aperte, pallet fuori posto) prima del personale.
Un campus multi-edificio beneficia di pattugliamenti programmati, lettura di QR/NFC per audit, controllo varchi. La navigazione autonoma limita le deviazioni, mentre una base di ricarica consente turni senza interventi.
In ambito industriale, la mappatura ricorrente aiuta la manutenzione predittiva: corridoi congestionati, perdite, micro-ostacoli ricorrenti emergono come pattern, non come sorprese.
Interoperabilità: il mercato si muove verso API aperte e integrazione con VMS/CMMS. Non abbiamo conferma delle API del D5, ma è un elemento chiave da verificare in fase di POC.
Sicurezza operativa: e-stop, geofencing, gestione remota con audit trail. Qui gli standard della categoria fanno scuola; restano da validare i livelli del D5 in condizioni outdoor e mixed-light.
Benchmark realistici: Spot ha IP54 e toolchain matura; i modelli Unitree hanno autonomie dichiarate superiori alle 2 ore su alcuni settaggi. Il D5, per competere, dovrà posizionarsi con chiarezza su questi parametri.
Un aneddoto. Durante una prova in un capannone, un quadrupede (di altro brand) “notò” un riflesso sul pavimento e cambiò rotta. L’operatore sorrise: “Ha più buon senso di chi ha lasciato la tanica lì.” La tecnologia funziona quando fa sembrare ovvio ciò che non lo è.





